Siamo arrivati a Barcellona al tramonto. Io ero entusiasta. Barcellona è una delle città in Europa che mi piacciono di più. Al nostro arrivo in aeroporto c’era Jorge, un mio amico di quando vivevo a Bruxelles. Vedendolo oltrepassando la porta d’uscita ho chiesto a Giacomo”Che ci fa qui?” “Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere, parli spesso con lui con skype, così l’ho contattato su facebook e stasera ceniamo insieme. Dici sempre che ti dispiace che non abbiate potuto rivedervi.”
L’ho guardato e l’ho amato. Nel frattempo Jorge, con la sua bellissima fidanzata, ci ha abbracciati e baciati. A cena siamo andati alla Paradeta nel Barrio Gotico. Una specie di pescheria con il ristorante annesso. Scegli il pesce fresco che ti ispira di più, scegli la cottura e poi ti siedi. Un tizio grida il tuo numero e tu ti alzi a prenderlo. Abbiamo chiacchierato, mangiato pesce fino a scoppiare e brindato. Mi sembrava di essere tornata a 20 anni. Guardavo Jorge e pensavo che a volte il tempo va troppo in fretta ma che per alcuni momenti miracolosi può tornare indietro. E allora io e Jorge eravamo di nuovo due ventiquattrenni squattrinati pieni di speranze per il futuro. Solo che le speranze per il futuro erano lì, insieme a noi, Lynn incinta di sei mesi, e Giacomo.
Io e Giacomo siamo arrivati in hotel tardissimo. Era bellissimo, Giacomo non ha badato a spese. Mi sono svegliata con il profumo della colazione portata in camera e un mazzo di fiori freschi sul comodino, dei lisianthus bianchi. Ho chiuso gli occhi e li ho riaperti. Non ci si abitua mai alla bellezza, ci sorprende sempre. E per fortuna è così.
Abbiamo fatto una lunga colazione, chiacchierato a letto e poi Giacomo mi ha portata in giro per la città, abbiamo bevuto l’horchata, ci siamo riempiti gli occhi dei colori della Boqueria (e abbiamo fatto uno spuntino) e poi siamo arrivati al mare…
Barceloneta con le sue feste ci ha travolti, inebriati… abbiamo camminato sul lungomare fino al tramonto, abbiamo preso una birra e ci siamo seduti sulla spiaggia. E mentre i colori attorno a noi cambiavano di nuovo lui mi ha chiesto di sposarlo. Non si è inginocchiato, non mi ha fatto una dichiarazione lunga. Mi ha abbracciata mentre guardavamo il mare, mentre io commentavo qualcosa sul collo di un gabbiano, in un momento in cui eravamo sereni e spensierati … e mi ha detto “Mi piacerebbe tanto se ci sposassimo”. Io l’ho guardato e un sospiro che ho trattenuto a lungo, per anni, è finalmente uscito e ho detto “anche a me”. Ed ero così felice che potevo toccare il mare il cielo la sabbia le nuvole…
E ho pensato alla mia poesia preferita al liceo, Ode al giorno felice di Pablo Neruda.
Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.